Il primato mondiale a rischio
La Turchia ricopre da decenni il ruolo di Paese leader nella produzione di nocciole, e ha quindi rappresentato l’origine obbligata di approvvigionamento per la stragrande maggioranza dei player nel settore dolciario, nonostante le crescenti preoccupazioni legate al lavoro minorile, la mancata tracciabilità del prodotto, l’assenza di pratiche agricole razionali e una qualità mediocre e in declino, soprattutto nella parte orientale del Paese dove si trovano oltre due terzi delle superfici coltivate. La conseguenza principale è che i prezzi mondiali sono stati a lungo definiti in funzione dell’ equilibrio tra la domanda mondiale e il livello di produzione turco.
La situazione oggi è in rapida evoluzione, molti investimenti sono stati fatti in numerosi altri Paesi e il peso della Turchia sta diminuendo. Perché? Nei paragrafi successivi identificherò le cause principali.
Prezzi alti e redditività crescente
Le motivazioni sono puramente di carattere economico. La coltivazione del nocciolo, da tempo un buon investimento nelle zone vocate, ha improvvisamente ottenuto una grande notorietà e si è candidata come valida alternativa ad altre colture di pregio.
Vediamo le principali:
1) Uno shock dal lato dell’offerta
Ovvero la gelata che colpì la Turchia settentrionale nell’aprile del 2014, causando la totale compromissione di oltre la metà del raccolto. In una fase storica di consumi mondiali in ascesa, la conseguenza fu un rapido incremento dei prezzi di mercato fino a livelli mai visti, che perdurarono due stagioni, a causa dei livelli minimi di stock accumulati dai compratori e la successiva necessità della loro integrazione. Nel Grafico 1 si vede come il prezzo medio in campagna aumentò dell’84% dal 2013 al 2014, e di un ulteriore 60% l’anno successivo, triplicando, di fatto, nei 12 mesi successivi alla gelata.
Questo evento mise la coltivazione del nocciolo in evidenza, ovunque nel mondo, come interessante fonte alternativa di reddito, nonostante l’investimento richieda 5 anni per generare i primi ricavi e una decina per il pareggio economico. Vale la pena ricordare che la merce proveniente da origini pregiate, come l’Italia , è premiata con differenziali qualitativi che rendono ancor più interessante l’investimento. A titolo di esempio nel Lazio il prezzo in guscio arrivò nella primavera del 2015 a 5,80 euro/kg, pari a un ricavo totale di 15.000 euro a ettaro a fronte di costi di gestione compresi tra 2.000 e 3.000 euro! Il paragone con le rese dei seminativi, impietoso, ha inevitabilmente portato alla conversione produttiva di superfici rilevanti.
Fig. 1 – Prezzo nocciole in guscio, Turchia (2010-2019)
2) La spinta delle aziende dolciarie.
Alcune importanti aziende del settore hanno promosso attivamente la coltivazione del nocciolo per affrancarsi dalla dipendenza dal prodotto turco e per aumentare la disponibilità di nocciole di qualità e di origine pregiata. Il gruppo Ferrero, maggior utilizzatore di nocciole al mondo, è stato sicuramente il più attivo in questo senso: verso la fine del 2014 il gruppo Ferrero e l’ente pubblico italiano ISMEA hanno firmato un protocollo d’intesa per favorire e valorizzare lo sviluppo della filiera italiana del nocciolo, con l’obiettivo di aumentare la superficie coltivata in Italia di 20.000 ha, nel quinquennio successivo. Altre iniziative hanno coinvolto investimenti diretti o altre forme di collaborazione in Serbia, Azerbaijan e Nord America.
Più recentemente anche l’azienda Alto Atesina Loacker ha lanciato un progetto per creare una propria filiera di nocciole italiane con oltre 2.000 ettari, convertiti al nocciolo da coltivazioni diverse. Non c’è da stupirsi se la superficie destinata al nocciolo in Italia sia aumentata del 20% in 5 anni, da 72.215 ha nel 2014 a 86.725 ha nel 2019 (Istat).
3) La politica turca di sostegno ai prezzi.
In un quadro favorevole all’investimento, ma potenzialmente destinato a durare un periodo limitato, si è successivamente inserita, in Turchia, una politica di sostenimento dei prezzi, implementata attraverso l’acquisto da parte di una società pubblica (TMO) di oltre 200.000 tonnellate di prodotto in guscio dal 2017 ad oggi ad un prezzo “politico”, che di fatto ha rappresentato la soglia minima per tutto il mercato.
Per comprendere questa politica, bisogna tenere conto che il settore del nocciolo in Turchia è di assoluta rilevanza, rappresenta la principale fonte di reddito per oltre 200.000 famiglie impegnate direttamente nella produzione, al quale va aggiunto l’indotto, in un quadro nel quale la meccanizzazione è assente e quindi il ruolo della manodopera è fondamentale, in tutte le fasi e soprattutto in quella di raccolta.
Il contributo di questa politica di sostegno è stato decisivo per il mantenimento del prezzo di mercato internazionale su livelli interessanti, soprattutto in concomitanza con la svalutazione della valuta nazionale, la lira turca (Fig.1).
Fig. 2 – Produzione mondiale, nocciole in guscio (t)
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | |
---|---|---|---|---|---|---|
TOTALE | 711,623 | 1,082,464 | 842,788 | 1,186,281 | 1,066,699 | 1,178,435 |
TURCHIA | 381,167 | 680,286 | 462,216 | 750,000 | 570,000 | 717,910 |
ITALIA | 75,456 | 127,178 | 120,572 | 131,281 | 132,699 | 98,525 |
AZERBAIGIAN | 30,039 | 32,576 | 34,271 | 45,530 | 52,067 | 53,793 |
USA (OREGON) | 40,000 | 35,000 | 40,000 | 50,000 | 49,000 | 52,000 |
ALTRI | 89,961 | 97,424 | 85,729 | 89,470 | 112,933 | 116,207 |
Fonte: www.stat.gov.az, www.nass.usda.gov, www.istat.it, www.ticaret.gov.tr, dati interni.
L’impennata della superficie destinata a nocciolo.
Quindi abbiamo visto che dal 2014 esistono delle condizioni vantaggiose per l’investimento in corilicoltura, con prospettive di redditi interessanti e diverse forme di incentivazione, pubblica e privata.
La conseguenza è il drastico aumento delle superfici a livello mondiale. Gli addetti ai lavori sanno come investimenti siano stati fatti in numerosi Paesi dell’est europeo e asiatici: tuttavia, non essendo disponibili in molti casi dati esaustivi, ci concentriamo sull’evoluzione in Italia, Azerbaijan e Stati Uniti, dove, secondo le fonti statistiche ufficiali, gli ettari sono passati da 115.000 nel 2014 a 186.000 nel 2019. Un aumento di oltre il 60%, i cui effetti sulla produzione globale non sono ancora del tutto visibili, dal momento che solo poco più della metà è già in fase produttiva.
Le notizie provenienti dal Cile non si discostano da questo quadro: se nel 2014 si indicavano 8.500 ettari, per il 2020 se ne stimano ben 30.000, la maggior parte dei quali non in produzione.
La dinamica in questi Paesi, che rappresentano oggi il 30% circa dell’output mondiale, oltre il 70% Turchia esclusa, danno più che un indizio sulle tendenze in atto. E le superfici a livello globale continuano ad aumentare, all’interno e all’esterno dei loro confini. Va aggiunto che in questi Paesi la resa per ettaro è significativamente superiore rispetto a quella della Turchia, conseguentemente l’aumento della loro quota di produzione sarà ben superiore alla quota relativa alla superficie coltivata.
Tabella 1 – Superfici coltivate a nocciolo nei principali Paesi produttori.
2014 (HA) | 2014 QUOTA (%) | 2019 (HA) | 2019 QUOTA (%) | INCREMENTO 2014-2019 (HA) | INCREMENTO 2014-2019 (%) | |
---|---|---|---|---|---|---|
TOTALE | 824,642 | 100% | 923,146 | 100% | 98,503 | 12% |
TURCHIA | 701,141 | 85% | 706,700 | 77% | 5,559 | 1% |
ITALIA | 72,125 | 9% | 86,725 | 9% | 14,600 | 20% |
AZERBAIGIAN | 30,550 | 4% | 79,486 | 9% | 48,936 | 160% |
USA (OREGON)* | 12,141 | 1% | 20,234 | 2% | 8,094 | 67% |
CILE | 8,686 | 1% | 30,000 | 3% | 21,314 | 245% |
*solo noccioleti in produzione
Fonte: www.stat.gov.az, www.nass.usda.gov, www.istat.it, www.ticaret.gov.tr, dati interni.
Quale futuro per il prezzo di mercato e il ruolo della Turchia?
E’ quindi da mettere in preventivo ulteriori investimenti, e una crescente disponibilità di prodotto sul mercato. Certamente bisognerà verificare la capacità degli areali non tradizionali di produrre nocciole di qualità con elevate rese per ettaro. E’ anche vero che in molti Paesi, con superfici relativamente modeste, la futura produzione sarà consumata largamente sul mercato interno e non interferirà sulle dinamiche internazionali.
E’ tuttavia indubbio che, al di là della capacità dell’industria dolciaria, principale consumatore del prodotto, di accrescere i propri fabbisogni, andiamo in contro ad anni nei quali la quantità di prodotto sul mercato sarà tale da rendere inevitabile un impatto sui relativi prezzi. Questa circostanza renderà meno profittevoli i frutteti con minore resa per ettaro e maggiori costi di produzione. Inoltre, eventuali surplus rimarranno in quei Paesi o areali nei quali qualità, tracciabilità e sostenibilità del prodotto sono percepite come un elemento critico, la Turchia ne è un esempio.
Quale futuro attendersi infine per la Turchia? Il Paese ha senza dubbio dato un contributo determinante allo sviluppo recente della corilicoltura, sostenendo il prezzo di mercato e evitando di correggere le criticità della filiera, legate soprattutto alla qualità e alla sostenibilità sociale. Il futuro riserva senza dubbio un peso inferiore sul mercato, che sta cambiando velocemente in direzione di prodotti di qualità e sostenibili, che minerà la capacità delle autorità di influenzare il prezzo internazionale di mercato. In assenza di intervento molte aree produttive sarebbero destinate a scomparire, ma la storia recente e l’importanza del settore a livello politico e economico ci suggerisce che questo sia poco probabile.
Tra le varie strade percorribili, un’alternativa a una politica basata su sussidi consisterebbe nell’intervento sulla filiera allo scopo di ristrutturare il settore, al fine di incentivare la produzione in aree vocate e meccanizzabili, formare su vasta scala riguardo le buone pratiche agricole e trovare una soluzione duratura alle accuse di sfruttamento minorile rivolte al settore. Una sfida tutt’altro che semplice.